"Gita al Faro", il cui titolo originale è "To the Lighthouse", fu pubblicato nel 1927 e rappresenta uno dei punti più alti della letteratura del Novecento. Virginia Woolf (1882-1941) ci lascia un romanzo profondo e indimenticabile che parte da un episodio in apparenza insignificante ma che in realtà descrive l'anima di un'intera famiglia e di un gruppo di amici, i loro pensieri e le loro emozioni. Durante una vacanza estiva che la famiglia Ramsay sta trascorrendo sull'Isola di Skye si discute di una gita che potrebbero fare il giorno successivo. Per James, il figlio minore, il faro rappresenta una meta misteriosa e sconosciuta, un sogno. Solo dopo dieci anni, però, si ritroveranno per realizzare quel desiderio. L'anima di ognuno è un universo intero, e in esso affiorano conflitti e alleanze, sentimenti ed emozioni impossibili da comunicare. Ciò che colpisce sopra ogni cosa, però, è l'assenza, quella di una madre e di una moglie; un vuoto che stordisce, assorda. Il ricordo dell'infanzia e delle persone che non ci sono più diventa un vero e proprio faro che indirizza i loro pensieri. "To the Lighthouse" è un romanzo sperimentale che si regge sulla memoria ed esplora l'animo umano.
Adeline Virginia Woolf è nata a Londra il 25 gennaio 1882 da due genitori che sono l'uno l'opposto dell'altro: il padre Sir Leslie Stephen è un autore mentre la madre Julia Prinsep-Stephen una bellissima modella. A differenza dei fratelli maschi che hanno l'opportunità di frequentare la scuola e in seguito l'Università di Cambridge, per la giovane Virginia spetta solo – come alla sorella – l'istruzione in casa. Nonostante questo, a soli venti anni Virginia Stephen diventa una scrittrice molto apprezzata e stimata,