Una storia epica e avvincente e, nello stesso tempo, intimistica e accorata che racconta le vicende di una famiglia campana, l'immiserimento e la disgregazione che seguono alla perdita della sua identità culturale, col sopravvenire nell'immediato dopoguerra dei primi incalzanti provvedimenti industriali e la conseguente emigrazione in Argentina. Chi racconta, fra lampi di struggente memoria e strazio d'anima, è Batino, il protagonista che, viaggiando in una corriera che lo conduce al paese limitrofo, lascia che i ricordi affiorino: il duro lavoro sotto tutte le intemperie, l'amore scoperto in un postribolo di città, il dolore per la morte improvvisa dei padre, l'odore dell'erba bagnata, i crepitii degli zoccoli dei gregge, le urla dei caprai portate dal vento. E rammentando cosi la sua strenua lotta e quella della sua famiglia per sopravvivere, onora anche la storia di uomini che sono stati vinti e hanno visto la loro esistenza fuggire senza lasciare traccia dei loro passaggio terreno. Comunque sono stati uomini, afferma lo scrittore, e non corpi in transito, perché a parlare e a ricordarli, dopo la morte, è la memoria collettiva nata da un codice eterno di dolore, di poche gioie e di abitudini consacrate. Uno stile rapido e incalzante, uno sguardo antinaturalistico e documentario chiudono il romanzo in una struttura narrativa di forte tensione lirica, in cui risuona un disperato desiderio di vita.