Durante la Seconda guerra mondiale, "La Foce", la tenuta di Iris e Antonio Origo in Val d'Orcia, divenne asilo generoso dapprima per i bambini sfollati di alcune città italiane, poi per i prigionieri inglesi, assegnati per lavoro alla loro fattoria, e infine, dopo l'8 settembre 1943, per tutti coloro che si trovavano a vagare dispersi per le campagne: soldati di ogni nazione, ebrei, intere famiglie sfollate. Le pagine di questo diario, tenuto da Iris Origo dal gennaio 1943 al luglio 1944, ci restituiscono giorno dopo giorno questo tragico periodo della nostra storia, dalla crisi e caduta del Fascismo alla guerra civile e al passaggio del fronte, culminando con il racconto della drammatica marcia dei bambini verso Montepulciano in cerca della salvezza, in attesa dell'arrivo delle truppe alleate. «Siamo stati visitati dalla distruzione e dalla morte», commenta l'autrice in chiusura del diario, «ma ora c'è una speranza nell'aria». Pubblicato dapprima in Inghilterra nel 1947 e poi in Italia (1968) con lo scritto di Piero Calamandrei riportato qui in appendice, questo diario divenne subito famoso per l'immediatezza del racconto e la profondità con cui vengono esaminati gli eventi del periodo più tragico della nostra storia recente. Prefazione di Sergio Romano.
Preciso da subito che non ci troviamo di fronte a un saggio storico, benché, trattandosi di un diario di quanto accadde in Val dOrcia nel corso della seconda guerra mondiale, il libro possa assumere almeno la valenza di una testimonianza, utile magari quale parte della documentazione per un lavoro specialistico. E però questa natura di resoconto di fatti accaduti e messi su carta dallestensore a dare un pregio al libro, grazie allimmediatezza che comporta e alla capacità di avvincere il lettore in quanto per nulla noioso.
Iris Cutting, anglo-americana trapiantata a Firenze quando era ancora una bambina, lì conobbe e sposò il marchese italiano Antonio Origo e con lui visse in una grande tenuta agricola di proprietà, La Foce, situata nella pianura toscana. Lì diedero impulso allattività agricola, avvalendosi di un consistente gruppo di mezzadri, e lì nel 1944 passò la guerra, nel senso che si combatté. Gli anni del diario, tuttavia, sono due, il 1943 e il 1944, periodo di tempo in cui la scrittrice affida al diario le sue ansie, le sue paure e anche le speranze. Ma a rendere queste cronache e questi personaggi (occorre ricomprendere il marito Antonio) particolarmente interessanti cè anche lattività assistenziale che praticarono, ospitando un nutrito gruppo di bambini esuli dalle città del Nord sottoposte ai bombardamenti. Ci deve essere però in Val dOrcia unaria particolare, perché con l8 settembre 1943 lì si cominciano ad aiutare i nostri soldati in fuga, i giovani che non si presentano alla chiamata alle armi, i partigiani, i profughi. E laiuto non è dato solo dai coniugi Origo, ma anche dai loro contadini, con uno spirito di fraternità invidiabile, nonostante i sacrifici e i rischi a cui vanno incontro. Come scrive Sergio Romano nellintroduzione in Val dOrcia si verifica un fenomeno del tutto straordinario di grande impegno civile e di eroismo, con una vittoria che vale più di mille guerre vinte, di alcune centinaia di esseri umani che nellorrore della guerra non sono caduti nellabbrutimento, ma si sono difesi con le sole armi dellamicizia, della solidarietà e della dignità.
Da leggere, non cè dubbio.
Renzo Montagnoli - 26/05/2023 20:38