La commedia mancata, l'immagine dolente della precarietà e meschinità dell'uomo, il frutto estremo della penna triste di un genio che credeva di vestire di comicità le sue opere. Il poeta russo che ha donato individualità ai personaggi del teatro tradizionale, che ha immaginato una realtà fatta di infinite, latenti possibilità di vita, che ha trasmesso a ogni lettore negli ultimi cento anni il gusto meraviglioso del quotidiano.
Un'enorme tenuta che va alla malora, un frutteto che una volta all'anno, nel dolce mese di maggio, si copre di fiori bianchi e diventa simbolo di rimpianti, speranze, sogni. Ogni anno il ciclo delle stagioni si compie, e ogni anno il giardino ricomincia la sua vita. A contemplare questo miracolo per l'ultima volta, riuniti nella grande casa dell'infanzia, i personaggi della commedia in quattro atti non possono che scorgere su di sè i segni del tempo che passa, il miracolo che purtroppo su di loro non si compie.
Così nell'arco di un'ultima e triste estate, si compie una vicenda fatta di nulla, ma che attraverso il chiacchericcio inconsistente che copre la disperazione, attraverso pause di silenzio, lascia intrasentire ''il ridacchiare del tempo, quel galoppo da padrone'', permette di intravedere le dolorose ferite di una vita che se ne va ''senza averla vissuta''.
Anonimo - 20/11/2006 17:33