Il rumore del tempo è il libro che ci restituisce in gran forma Julian Barnes, lo scrittore di Leicester, autore di piccoli capolavori contemporanei come Il Pappagallo di Flaubert e Il senso di una fine (il suo precedente romanzo, del 2011, vincitore del premio Booker Prize, cioè il riconoscimento letterario più ambito per la letteratura inglese e del Commonwealth).
Per Il rumore del tempo Barnes compie una scelta audace ma riuscita, prendendo come protagonista un personaggio realmente esistito e anche molto famoso, il compositore russo Sostakovic, star della musica classica ai tempi di Stalin. Per Sostakovic, però, le cose prendono una brutta piega a partire da una mattina del 1936, quandola Pravda pubblica un'inattesa stroncatura alla rappresentazione della sua Lady Macbeth di Mtsensk, opera che sino a quel momento aveva riscosso successo sia nel pubblico sia nella critica. Ma la sera prima, a teatro, c’era proprio Stalin, ed è fin troppo facile intendere che dietro quella cattiva recensione anonima ci sia l’opinione del dittatore, a cui evidentemente lo spettacolo è piaciuto davvero poco. E non c’è bisogno di dire che nell’Unione Sovietica di quegli anni, un articolo anonimo e minaccioso sulla Pravda poteva essere causa di preoccupazioni. Per Sostakovic quella mattina rappresenta infatti l'inizio di un confronto con il Potere che andrà avanti decadi e decadi, per tutta una vita trascorsa nel rammarico di dover mentire pur di salvarsi e continuare a comporre capolavori applauditi e premiati purchè si paghi un prezzo. Sino alla resa dei conti, quando il tempo sta oramai per scadere. Perché, si sa, le parole degli artisti possono mentire, ma la loro musica no.
Il rumore del tempo di Julian Barnes scorre meravigliosamente nella perfezione dei due livelli di lettura: da un lato quello del tragico incedere della Storia, dall’altro nelle riflessioni di un artista sempre al bivio fra capitolazione e tradimento. Un romanzo tagliente, ma a tratti anche spiritoso, gonfio di sinfonie e di ottima scrittura.