Apre gli occhi nel cuore di un'immensa conchiglia. Ha un corpo di legno articolato e ingranaggi, e il cadavere del suo costruttore giace accanto a lui. Non ha un nome, non ha memoria, ma appena nato ha già mostruosi nemici che lo braccano e una missione che non ha chiesto né desiderato: diventare umano. Attorno a lui c'è un mondo che un'antica catastrofe ha trasformato nel sogno delirante di un folle, alle sue calcagna due Incubi, la Maschera e la Bestia, e davanti a lui un sentiero costellato di mutazioni, tribù selvagge, divinità del caos e giganti marini che lo condurrà verso un destino molto più incerto di quanto i suoi creatori avessero mai potuto prevedere.
Tarenzi l'avevo apprezzato in "Pentar", mi era piaciuto lo sguardo con cui trattava i suoi personaggi. Qui non sono riuscito ad affezionarmi a nessuno di essi, probabilmente perché il testo punta più sulla loro stranezza e su quella dell'ambientazione (alcuni squarci mi hanno ricordato la Ilium di Dan Simmons, anche se la storia è totalmente differente); nella postfazione Tarenzi accenna al genere New Weird, anche se non si riconosce in esso.
Una rivisitazione di Pinocchio che comunque mi ha piacevolmente intrattenuto, regalandomi qualche spunto di riflessione sul 'Destino' di ognuno di noi.
Anonimo - 26/10/2010 15:21