In questi racconti di Marco Di Porto è la precarietà a farla da padrona. Precarietà rispetto alla vita, ai sentimenti, al mondo del lavoro. Avere trent'anni oggi. E, come se questo non fosse già abbastanza difficile, sulle spalle l'intera tradizione ebraica. Uno zio rabbino, i sabati pomeriggio passati ai bar mitzvah, una compagna di vita predestinata. Ma allora, viene da chiedersi, come far convivere le contraddizioni di questa doppia "identità"? Separandole. Così come è diviso il libro in due distinte parti che, però, interagiscono tra loro. Allo stesso modo, queste contraddizioni, convivono nella quotidianità dell'autore, nel suo essere trentenne, ebreo, oggi.