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Un miracolo nel cuore perduto del Bronx: sul muro della metropolitana, al di sotto di un cartellone pubblicitario, sembra apparire il volto di Esmeralda, una bambina senzatetto assassinata poco tempo prima. Ma è un vero miracolo o un'illusione creata dal nostro bisogno di consolazione? Un'apparizione del divino o un fantasma del rimorso di suor Edgar che, nonostante il suo impegno per i bisognosi del quartiere, non è riuscita a salvare Esmeralda?
Spesso per definire la grandezza di uno scrittore si dice cha ha saputo raccontare un'epoca. Per DeLillo è come se fosse il contrario: è come se la nostra epoca, a un certo punto, avesse deciso di essere come i racconti e i romanzi di Don DeLillo l'avevano immaginata. La scrittura dell'autore di Underworld ha proprio questa qualità, quella di raccontare il presente, ciò che stiamo vivendo, ciò che siamo ora, con una tale precisione, una tale concentrazione dello sguardo, da dare l'impressione di prevedere il futuro. Non è un caso che l'aggettivo piú spesso accostato a DeLillo sia «profetico»: gli attentati dell'11 settembre, l'ascesa del terrorismo internazionale, la crisi finanziaria, erano già nei suoi libri molti anni prima che succedessero. Ecco perché, quando tutto ciò è avvenuto, i suoi libri sono sembrati le guide piú sicure a cui rivolgersi, il codice per decifrare quell'enigma che chiamiamo realtà.
Abbiamo fatto come i protagonisti dei racconti contenuti nell'Angelo Esmeralda: uomini e donne bloccati in qualche specie di limbo, figure inquiete che tentano di imporre teorie e desideri a un mondo caotico, privo di senso. Nello spazio breve di questi racconti faranno tutti, in un modo o nell'altro, esperienza di quanto il legame tra le parole e le cose, tra le decisioni e le azioni, sia arbitrario, fragile. Ma è proprio questa fragilità che dà accesso a quella zona luminosa e imprevedibile in cui le cose accadono.
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«Nell'Angelo Esmeralda non c'è solo il dono elettrizzante del linguaggio, ma anche la rara, emozionante capacità di avventurarsi nel cuore umano».
Michiko Kakutani, «The New York Times»
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«I grandi scrittori come DeLillo possono portarci dove vogliono; ma la metà delle volte ci portano dove non vogliamo andare».
Martin Amis, «The New Yorker»
Leggere i racconti di Don DeLillo è un’esperienza particolare, insolita e preziosa. In primo luogo, per la caratteristica stessa del genere racconto, quella di concentrare in sé esperienze altrimenti dilatate; un peso specifico, quindi, rilevante. In secondo luogo, perché DeLillo maneggia questa forma espressiva con una scrittura distillita e improvvisa. Questa è la sua prima raccolta di racconti dopo quindici romanzi, benché non sia certo la prima occasione in cui ne scrive. L’angelo Esmeralda contiene infatti nove racconti scritti tra 1979 e 2011, in gran parte inediti e raccolti qui per la prima volta, che nel loro insieme rappresentano una sorta di labirinto all’interno del cosmo narrativo di questo geniale scrittore. I Caraibi, la Grecia, Manhattan, una prigione che ospita detenuti per reati finanziari, l’Universo, le strade del Bronx sono questi alcuni degli scenari che fanno da sfondo ai racconti e all’interno dei quali si muovono i personaggi enigmatici e sfilacciati di DeLillo. Quasi sempre coppie di individui che si confrontano tra loro e con una realtà supposta o inventata, o semplicemente grottesca, scaraventata spesso troppo lontano dal dolore della società contemporanea e dalle ansie e paure che si trascina dietro. Siano essi l’uomo e la donna trattenuti in un’isola caraibica da imprevisti che provocano uno scarto improvviso in quello che stanno vivendo; o siano i due astronauti che in orbita intorno alla Terra osservano il nostro pianeta sconvolto dal terzo conflitto mondiale vivendo inspiegabili e intensi “momenti di umanità”; o ancora i due studenti che in una tensione kafkiana fantasticano sulla vita di un vecchio che si aggira per la loro cittadina universitaria. E, nel racconto che dà il nome alla raccolta, le due suore di un quartiere ‘difficile’, testimoni involontarie e indulgenti di un fenomeno di suggestione religiosa. Ogni racconto è un occhio aperto su quel mondo nervoso e frammentario che la prosa esplosiva di DeLillo ricompone in immagini essenziali.
Antonio Strepparola
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