La Palermo dei primi anni novanta, dove, accanto alla decadente magnificenza delle ville gattopardesche brulica l'infima miseria dei ghetti, tra il degrado e l'oppressione, la prostituzione e l'incesto. Poi l'approdo alla terra promessa della ricca Milano del nuovo millennio, che diventa speranza di rinascita, fede nel riscatto, ma anche il luogo dove i fantasmi del passato riaffiorano intatti, ancora più subdoli e minacciosi. La lettera d'amore di Gaspare Traina al proprio figlio Salvatore apre un baratro sulla storia italiana degli ultimi venti anni, sugli intrecci tra mafia e politica, sul rapporto fra il riciclaggio del denaro e gli affari nella sanità. Una lettera che diventa il racconto di una saga familiare intrisa di passione e paura, di disperazione e gioia di vivere, dove la primitiva semplicità del gioco del calcio si fa metafora di un'utopia possibile, di uno slancio vitale attraverso cui tentare di sfuggire a un sistema tentacolare.
Ho letto il romanzo d'un fiato, in ventiquattro ore, la storia è di straordinaria intensità. Il personaggio di Rosalia La Rosa mi ha commosso, l'autore è riuscito ad imitare il linguaggio più basso, dandogli un tocco di sublime tragicità e mescolandolo ad un registro alto e colto. Non so cosa sia vero della storia che questo libro narra, ma mi sembra di conoscere i personaggi ad uno ad uno. La visione della mafia che emerge è spaventosa, ma fedele alla relatà. Il romanzo trasuda amore per la Sicilia da ogni rigo, ma non risparmia critiche molto dure a quella terra. Da leggere, da vivere. Consigliatissimo.
nightswimmer90 - 30/08/2014 00:50