La continentale è una donna del Nord, bella come un'attrice del cinematografo, bionda, il cui promettente futuro si incrina il giorno disgraziato in cui sposa un siciliano. È allora che lascia Padova e si trasferisce in Sicilia, dove vive per tutta la vita coltivando un'avversione profonda per la terra che l'ha accolta e per tutti coloro che la abitano. A rievocare quell'ostilità, è la figlia, che si muove tra il punto di vista consapevole della scrittrice che oggi è diventata e quello disarmante della bambina che è stata. Una bambina divisa dunque tra Nord e Sud, tra madre e padre. Ma che, a dispetto di tutti i pregiudizi, vive un'infanzia luminosa, tra cicale ubriache di sole e corse sfrenate, riti arcaici, feste religiose, dissidi tra il sindaco e il parroco degni di Guareschi. Ma anche un ibrido, un'assurdità, una sorta di mostro. Silvana La Spina trasporta un tema molto noto e molto sensibile per ogni italiano, il rapporto Nord-Sud, dal terreno dello scontro tra fazioni a quello intimo della famiglia. Ne deriva una narrazione scattosa, rapida, paradossale, amara, dolente e divertita. Pazza. Una "corda pazza" pizzicata dalle dita di una scrittrice siciliana capace di guardarsi dal "dentro" più buio e dal "fuori" più distaccato. Essere italiani e leggere questo libro può fare male, perché nel radicale antimeridionalismo della continentale non si rivela solo una biografia accecata dall'eccesso, ma una ferita mai cicatrizzata nel tessuto nazionale: l'eterna frattura tra Nord e Sud.
La nostra recensione
È riuscita a salvarsi nonostante tutto. Nonostante una madre intransigente, dura, quasi folle nell’accerchiare tra mura insormontabili la vita della figlia. Di una bambina cresciuta nella lacerazione tra due mondi: il Nord evocato dalla madre veneta, bellissima e altera, e il Sud vissuto nella casa del padre siciliano, affascianante ed evanescente. Questo ritratto lucido e tagliente (come la scrittura con cui è narrato) di una donna del Nord che alla fine della guerra sceglie il Sud senza mai accettarlo veramente, anzi, senza quasi volerlo vivere, rifiutando compromessi e accomodamenti, anche solo per “amore” della figlia, ecco, questo ritratto ha una forza arcana che getta le sue profonde radici in una terra di contrasti, mitica e bellissima. Bellissima come “la continentale”, che proprio per quel suo aspetto così dirompente e unico si sente in un certo modo dannata perché, come la terra in cui si ritrova a vivere, alla fine si tratta di una bellezza assai difficile da portare. Inevitabile che crescere una figlia in queste condizioni diventi una lotta, una sfida non solo personale nei confronti di tutto l’ambiente che la circonda. Inevitabile anche la fatica della figlia costretta a vivere umiliazioni, punizioni, costrizioni fino alla fuga intempestiva e sconsiderata, fino a una ribellione improvvisa e incongrua che complica tutto, ma da cui riesce a risollevarsi; questa figlia, nonostante tutto, vince, sconfigge la madre, la “offende” nella sua pretesa di vittoria e controllo che, forse, non era altro che rimpianto, debolezza, infinita tristezza. Un mémoire toccante che esplora non solo il rapporto madre-figlia, ma che si addentra anche nelle pieghe di una frattura culturale e sociale mai risolta e lo fa con lucidità e ironia, sfiorando spesso il paradosso. Antonio Strepparola