Agnese da grande vuole fare l'avvocato. E decisa, sicura di sé, anche se ha appena dieci anni. Anna, sua sorella le invidia questa forza. La madre, donna altera, taglia le rose con la stessa sbadataggine con cui cura la propria depressione. Il padre, presente a intermittenza, coltiva un'ingombrante malinconia insieme alla passione malata per le rane. Sulllo sfondo di una provincia assonnata, si svolge un romanzo a stazioni, uno psicodramma dal sapore giocosamente pirandelliano nel quale sei personaggi rincorrono la propria identità passando attraverso i falsi miti degli anni Settanta.
Conoscevo Eliana Miglio solo come attrice e sono rimasta molto stupita nel vedere che sia anche scrittrice, così ho acquistato il libro (inizialmente colpita dal titolo): l'ho letto in una serata. Scorrevole e mai banale, sembra di leggere la scenografia di un film. I personaggi alternano le loro voci e danno vita all'intreccio di una storia emozionante, a volte ironica, a volte commovente. Il mio personaggio prefrito? Sicuramnete Luca, innocente, fragile, intenso.
Anonimo - 19/12/2006 17:00