Buja, 1940-1945. E il racconto di Lia, figlia sedicenne di Bartolo e Tina. La collina del Belvedere è il punto privilegiato delle sue riflessioni, nell'intrico di cespugli e nel fitto degli alberi - testimoni privilegiati dei passaggi notturni - e nelle sue visioni del Nord, dove le montagne sono le fortezze della Resistenza. Dell'arrivo della guerra non ci si accorge subito. E un lento srotolarsi di cambiamenti in peggio, con la miseria che sale e abbruttisce musi e animi. La campagna inaridita fatica a restituire frutti in cambio di sudore e il paese sembra sprofondare in un silenzio vischioso, cupo, dove poche voci impartiscono ordini in una lingua straniera. Bartolo non sa cosa pensare, di chi fidarsi. Difendere la famiglia e la terra è il suo primo pensiero, eppure comprende che sotto quel vuoto di parole c'è qualcosa che brulica. Dapprima incerte, le sue domande lo aiutano a raccapezzarsi su quello che gli sta accadendo intorno: è uno scenario inquietante, nel quale Buja è solo uno dei tanti luoghi attraversati da cavalli cosacchi e dai loro carriaggi.
Una storia scritta con un registro linguistico piacevole e scorrevole, mai banale. Ti accompagna a conoscere il popolo dei suoi personaggi, gente che ha sempre condotto una vita semplice tra colline valli e montagne, che soltanto quando scoppia la guerra viene assalita da terrore e incertezze dentro cui, giorno dopo giorno, si vedrà cambiare, trasformare per sopravvivere. Persone semplici che si adatteranno a situazioni fuori dalla loro portata, rivestendo ruoli rischiosi che metteranno in pericolo la loro stessa vita. La pace e la serenità di chi è abituato a godere i silenzi, i suoni e i profumi delle stagioni di recente sono state infrante: il disturbo delle sirene e il fragore delle bombe ne hanno preso il posto. Lia, la protagonista, dimostra di avere un rapporto speciale con la natura intorno a casa sua, con i boschi e le montagne. Solo nella natura si sente compresa, ripulita dagli orrori che vede e vive ogni altro giorno. L'autrice ha saputo portarmi alla scoperta di fatti che non conoscevo, come l'arrivo dei cosacchi in appoggio ai tedeschi nella zona della Carnia, racconti di popolazioni che arrivano inseguendo il miraggio di una terra promessa ma i cui uomini spesso si macchiano di nefandezze, perché non c'è guerra senza crimini. Soprattutto, mi è piaciuto il fatto che i preti non sono stati con le mani in mano, anzi sostenuti dalla propria fede, dal coraggio e dall'amore per il prossimo hanno intrapreso un cammino che li vede nel romanzo protagonisti di avventure straordinarie.
andrealonigrodafne2000 - 07/03/2021 17:54