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La seconda legge di Mendel - Barbara Boggio
La seconda legge di Mendel - Barbara Boggio

La seconda legge di Mendel

Barbara Boggio
pubblicato da Divergenze

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Generi Romanzi e Letterature » Romanzi italiani

Editore Divergenze

Collana Le ciliegie

Formato Libro

Pubblicato 10/12/2020

Pagine 96

Lingua Italiano

Isbn o codice id 9788831900300

1 recensioni dei lettori  media voto 5  su  5
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La seconda legge di Mendel inassa

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voto 5 su 5 Succede di imbattersi in quella narrativa che tanti considerano minore, solo perché bisogna cercarla dietro le vetrine dove si azzuffano i libri degli editori potenti, quelli che delle vetrine sono padroni o le acquistano. Quelli che appena esce un titolo è già un capolavoro e cento e più opinionisti - tutti con qualcosa da guadagnarci - ne cantano le lodi in rima baciata. Molte volte ci sono cascata anch'io. Da allora faccio un bel giro dietro la facciata delle vetrine e trovo cose sorprendenti. La seconda legge di Mendel, scritto dalla a-me-sconosciuta Barbara Boggio, è una di queste. Mi attira la spallina che dice "collana di scritture femminili", ma non ha l'aspetto di un romanzo rosa e, per fortuna, non lo è. La scrittura femminile è stata troppo a lungo infilata quasi solo dentro quel contenitore. Ma qui no. Qui c'è una storia che parla di famiglia, anzi di famiglie, più di una, nelle quali nessuno dei componenti fa bella figura. Proprio come nella realtà. È la prima cosa a colpirmi, come un sasso caduto in acqua, o nel liquido dal quale tutti veniamo. Il protagonista infatti cerca di capire se stesso leggendo le cornici concentriche delle cicatrici, segni delle identità ereditate, e attraversa il tumulto dell'adolescenza non per forza cercando di liberarsi da esse, ma perché i dubbi e le domande sono all'origine delle attitudini e, quindi, di un futuro che sarà. Jordan non vuole vederlo quel futuro, vuole vivere il sé con una coscienza più piena: un viaggio fatto di spine e di ambiguità, di risposte difficili da tradurre eppure nel racconto espresse con la giusta leggerezza che non grava la scrittura di archetipi inutili o i consueti stereotipi. Quelli ci sono, ci devono essere e sono rappresentati dagli adulti "pieni di vuoto" che oggi si scambia per maturità, per lo scatto interiore di una generazione di impiastri cronici che se il guaio non c'è se lo inventano: ne hanno bisogno. Dal quel disagio naturale l'autrice impasta l'animo del protagonista, abitato da interrogativi ed emozioni nelle quali più o meno tutti ci siamo tuffati col rischio di annegare. I suoi gesti suonano familiari non tanto perché esprimono gioia, collera o angoscia innestate dagli adulti al carattere di un giovane (ovvero ciò che rende improbabile e inadeguato il genere "romanzo di formazione" a descrivere davvero la formazione), quanto perché ne sono impregnati, essendo filtrati in tinte che hanno per cromosoma un senso e in quel senso si confondono e offuscano, cosicché nessuno può rintracciarle del tutto. Proprio come nel naturale divenire della crescita, nel cozzare dell'uomo contro il guscio esteriore e interiore di un sé che ha cucito addosso ma non riesce a controllare del tutto. L'efficacia della narrazione sta in questa alchimia, non so quanto voluta dall'autrice ma molto, molto efficace. Dà naturalezza a una melodia comune eppure diversa per ognuno di noi, il cui significato si perde perché è nulla al di fuori del significato stesso, al contrario di idee che è invece possibile rendere in maniere differenti. Jordan non ha niente da insegnare e non vuole insegnare niente a nessuno, per questo è un personaggio di grande spessore: fa economia di finzione, di ambizioni, si divincola nel quotidiano e somiglia tanto a chi è stufo di sentirsi dire che deve rincorrere i sogni perché se ci si impegna ci si arriva. «Quante balle», direbbe. Come nella seconda legge di Mendel è preso dalla continuità dei propri intenti e gli umori non hanno importanza quando gli si dà attenzione, e non dobbiamo giudicarlo dai suoi intenti e dai suoi umori, ma come un quasi-uomo che ha deciso, seguendo la chimica interiore, di sbagliare o di far bene facendo attenzione ai propri umori.

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