La Berlino raccontata da Ales Steger in trentacinque brevi e audaci prose e una citta-fessura in cui ci si smarrisce, una metropoli piena di buchi neri che inghiottono il passante per poi risputarlo fuori come dall'altra parte di uno specchio magico. A Berlino gli orli del tempo frantumato sono visibili ovunque, al pari di quella «doppia traccia rosso mattone sull'asfalto» in cui i piedi continuano a incespicare, come se il Muro non fosse stato abbattuto ma «fosse semplicemente stato sepolto». Attraversando generi diversi racconto di viaggio, taccuino filosofico, saggio poetico l'autore scrive in una sorta di simbiosi lirica con le strade, i monumenti, i cimiteri e persino con le fenditure dell'asfalto della citta, delineando in pochi sapienti tocchi i tratti dei berlinesi, «maestri del vivere nel vuoto».