Un paese senza nome, 31 dicembre, scocca la mezzanotte. E arriva l'eternità, nella forma più semplice e quindi più inaspettata: nessuno muore più. La gioia è grande, la massima angoscia dell'umanità sembra sgominata per sempre. Ma non è tutto così semplice: chi sulla morte faceva affari per esempio perde la sua fonte di reddito. E cosa ne sarà della chiesa, ora che non c'è più uno spauracchio e non serve più nessuna resurrezione? I problemi, come si vede, sono tanti e complessi. Ma la morte, con fattezze di donna, segue i suoi imprendibili ragionamenti: dopo sette mesi annuncia, con una lettera scritta a mano, affidata a una busta viola e diretta ai media, che sta per riprendere il suo usuale lavoro, fedele all'impegno di rinnovamento dell'umanità che la vede da sempre protagonista. Da lì in poi le lettere viola partono con cadenza regolare e raggiungono i loro sfortunati (o fortunati?) destinatari, che tornano a morire come si conviene. Ma un violoncellista, dopo che la lettera a lui indirizzata è stata rinviata al mittente per tre volte, costringe la morte a bussare alla sua porta per consegnarla di persona.
La trama del libro è originale e surreale, può piacere o non piacere, ma rimane un'idea straordinaria : la morte prende una pausa dal suo "lavoro" come verrà gestita questa emergenza dalla società? Dalla politica? Dai lavoratori che da essa dipendono? Si intrecciano molte riflessioni in quello che dal titolo può sembrare semplicemente un racconto. Ma così non è. Accanto ad una trama particolare si riscontra una certa difficoltà nella lettura dovuta allo stile dell'autore, sono presenti periodi molto lunghi, spesso mancano punti interrogativi, si abbonda di virgole ed il dialogo tra i personaggi non sempre risulta chiaro.. Non è un libro da leggere alla leggera o come passatempo perché necessità di una certa concentrazione soprattutto per la modalità di scrittura. Il finale non è quello che forse ci si aspetta.
alessandra_k46 - 06/05/2019 12:21