Le "Vite di Romolo e Teseo", commentate con grande erudizione e finezza da Carmine Ampolo, riguardano eventi che si collocano prima dei fatti storici, nell'oscurità mitica. Come nelle carte geografiche, oltre le terre conosciute, gli antichi geografi disponevano segni per indicare deserti o zone inferstate da belve o paludi inesplorate o ghiaccio scitico, così Plutarco avanza nei territori favolosi che appartenevano di solito ai poeti tragici e ai mitografi. Da un lato egli venera l'elemento divino incontaminato e puro, non vuole vederlo troppo mescolato all'elemento umano; e dunque nega e razionalizza le leggende mitiche. Ma, d'altro lato, quando è convinto che il sacro si è calato fra noi, ne riconosce il passaggio sulla terra. Invece di abbandonarsi alla sua vocazione di ritrattista, evita di chiudere la materia mitica in un profilo psicologico. Qui Plutarco racconta incarnazioni celesti, descrive con amore istituzioni e riti, tradizioni strane e curiose, oppure, con una specie di brivido, si inoltra nello spessore barbarico, fosco e brigantesco, che avvolge e nasconde i miti greci e romani. Edizione con testo a fronte.