"Come si spiega che sul palcoscenico la realtà possegga un fascino di cui è totalmente priva quando è lontana dalle scene?". Intorno a questo interrogativo ruota il "Manuale del critico", raccolta di brevi testi in cui Polgar affronta il tema del teatro da tutte le possibili angolature, ricorrendo a quelle doti di osservatore arguto e a quella perfetta padronanza del linguaggio che fanno di lui un insuperabile "giocoliere della parola". Resoconti concisi di spettacoli si alternano a fulminei ritratti di attori, a giudizi spesso brucianti sugli autori e sulle loro opere. Ma teatro per Polgar è soprattutto il misterioso connubio di platea e scena. Con quella che Musil ha definito "perfida amabilità", egli snoda la psicologia degli spettatori, così come i trucchi e le vanità del mondo teatrale, che conobbe in un periodo aureo, quello di Vienna fra le due guerre. E non mancano i momenti di nostalgia, come il ritratto dell'attore in pensione, che, rannicchiato in un palco, guarda altri calcare quelle tavole che un tempo furono sue.