Ci sono tradizioni che non muoiono mai, soprattutto a Natale, anche se fuori imperversa l'orrore.
«Eva rimase a guardare la cucina vuota e si sforzò di imprimere nella mente quegli attimi di normalità, di vita quotidiana. Di custodirli per quei momenti difficili che sentiva vicini e che pure voleva tenere alla larga almeno per quei pochi giorni che la separavano dal nuovo anno. Voleva sognare che un Natale felice, in famiglia, era ancora possibile.»
La Gioiosa, Vigilia di Natale, 1939
Per i Fontamara la famiglia è sempre stato un porto sicuro, un tavolo a cui condividere gioie e preoccupazioni. In quell'anno poi, mentre fuori l'odio razziale imperversa, in un tempo in cui gli attimi di normalità sono le eccezioni, si fa sempre più vivo il bisogno di tornare a casa, riunirsi con i cari, rivivere i tradizionali festeggiamenti. Sognare che un Natale felice, in famiglia, è ancora possibile, e che tutte le divisioni e le divergenze fra i Fontamara possano appiattirsi almeno per un giorno. La tenuta de La Gioiosa viene addobbata per l'occasione come mai prima d'allora, per accogliere ciascuno con i propri desideri, paure e speranze: Eva e le sue preoccupazioni da madre; Diana, divisa da passioni rivoluzionarie; Myriam e Gabriel, lontani lei dal suo amore e lui da casa; e poi Clio e Viola, con il loro entusiasmo di bambine. Gli anni passano ma certe abitudini rimangono sempre le stesse...