Oggi ci aspettiamo ancora memoria e ne abbiamo bisogno più di ieri, perché i tempi stanno cambiando e in un modo più veloce del previsto. I testimoni, per motivi legati al progressivo allontanarci dall'evento, stanno morendo e si sta aprendo, per la generazione che seguirà la nostra, dopo l'era del testimone, una nuova prospettiva che ci vede impreparati ma alla quale non possiamo sfuggire. È questo un tempo nuovo nella ricezione della Shoà, al quale non sappiamo ancora dare un nome. Chi avrà diritto di parola in questa nuova era? Il commemoratore pubblico? Lo storico? Il narratore? L'insegnante? Con quali strumenti e con quali modalità? Con quali ricadute nella ricezione personale e sociale di quel passato? Il libro tenta di rispondere a queste domande per evitare i pericoli della memoria pubblica che guida la nostra precomprensione del passato e che fa della riflessione sulla Shoà l'elemento fondamentale nella definizione del nostro presente e nel progetto del futuro (non solo) nostro.