Tentare una definizione filosofica di comunismo, o almeno aggiornarla. Basterebbe questo a decretare l'importanza del libro di Boris Groys, che a tal fine esamina il linguaggio dello stalinismo e i suoi legami con il sistema sovietico dal 1917 fino alla sua autodissoluzione dialettica nel 1989, per poi chiedersi: è possibile che il comunismo riemerga nel XXI secolo? Supporre che il comunismo sovietico sia archiviabile come un'esperienza ormai conclusa significa, secondo Groys, accondiscendere alle peggiori inclinazioni della filosofia della storia, in cui ricadono molte diagnosi epocali della comunicazione contemporanea. Perché, se con comunismo si intende una sorta di "svolta linguistica" nella prassi sociale, il sogno di produrre rapporti sociali sulla base egualitaria del linguaggio non può che riproporsi nella storia dell'uomo.