La guerra non ha niente di comico eccetto la sua stupidità. La stupidità di chi la fa, la stupidità di chi la giustifica o addirittura la ritiene necessaria e la stupidità complice di chi è indifferente. Eppure anche mentre ero sui luoghi della guerra, in Afghanistan, oltre raccontarne l'orrore nelle corrispondenze scritte che inviavo a "Il manifesto", ho sentito il bisogno di non abbandonare il mio più naturale mezzo di espressione: il disegno satirico, la vignetta, per provocare, per tentare di aggredire, con il grottesco che sempre si annida nella tragedia, la stupidità degli indifferenti. Quelli che non leggerebbero mai un articolo ma che, se gli ci cade l'occhio, non possono scansare un'immagine accompagnata da poche parole, forse solo perché non fanno in tempo. E poi ridere dove ci sarebbe solo da piangere può essere un antidoto all'assuefazione alla barbarie della guerra, anticamera dell'indifferenza e di quella criminale ideologia trasversale che definisce la pace una 'ingenua utopia'.