Quando Soneri, camminando per il parco della Cittadella della sua Parma, si avvicina a un uomo riverso su una panchina, per capire se è solo un barbone addormentato o se è qualcuno che sta male, certo non immagina che sta per cominciare una delle vicende più assurde e intricate di tutta la sua carriera. L'uomo, infatti, tal Roberto Ferrari, confessa a Soneri di aver appena compiuto un omicidio. Ha ucciso un promotore finanziario che lo aveva rovinato sperperando in affari illeciti e cocaina i risparmi di una vita, che Ferrari gli aveva affidato. Apparentemente, l'indagine più rapida della storia del commissario Soneri, anche perché Ferrari fornisce tutte le prove che servono a dimostrare la sua colpevolezza: c'è la vittima, c'è il movente, c'è il reo confesso. Ma Soneri non è uomo di carte, o di tecnologie, o di impronte digitali. È un uomo di intuito, e il suo intuito gli dice che c'è qualcosa che non torna, che in questa apparente semplicità c'è qualcosa di sospetto. Non immagina quanto ha ragione.
Sedicesima indagine del commissario Soneri, in un romanzo di impronta "durrermattiana". In una inconsueta inversione di ruoli, un uomo confessa ma Soneri dubita che sia colpevole. Ritroviamo Parma, abbandonata nei precedenti romanzi e quello straordinario personaggio che è Sbarazza, incontrato in "Oro, incenso e polvere." Ma soprattutto ritroviamo Soneri pervaso da dubbi etici e dalla nostalgia di un mondo che non è più. Varesi conferma il grande talento che gli consente di scrivere sedici storie con lo stesso personaggio seriale senza incorrere in ripetizioni o banalità, con la solita prosa raffinata ed elegante e i dialoghi magistrali. Un romanzo che non è solo un noir, imperdibile.
Monica Pedretti - 19/07/2021 10:47