Amate da Mussolini e Gramsci, sempre al centro di grandi equivoci e interpretazioni divergenti, le "Riflessioni sulla violenza" sono il capolavoro di Georges Sorel. Acuto interprete di Marx, pioniere del gergo antipolitico e antidemocratico, Sorel considera la violenza il solo farmaco utile a curare insieme i mali della borghesia e del proletariato. Un pensiero a tratti intollerante e antistatale, reazionario e anticattolico, ma anche spregiudicato e moderno, originale e risoluto, che vede nella guerra e nello «sciopero generale» sindacalista l'unico orizzonte di speranza per l'umanità. Un grido appassionato per il rovesciamento della società capitalista e l'avvento di quella socialista, di un'era politica purificata dalla violenza stessa.