Magenta. Lampone. Corallo. Carminio. Bordeaux. Granata. Sono queste le tonalità del rosso. Ma negli anni '90 ne è nata una nuova. E nata mentre quella gente piangeva, soffriva e moriva. E nata nell'indifferenza del resto del mondo, occidentale soprattutto. E nata quando il sangue di bosniaci, serbi e croati si mischiava in strada, dopo essere stati colpiti dal proiettile di un cecchino; in un mercato, dopo lo scoppio di una granata o di un colpo di mortaio; su un campo di battaglia, dopo essere stati faccia a faccia con un nemico che fino a qualche anno prima era un connazionale. E poteva avere solo un nome "Rosso Sarajevo". In questo scenario si svolge la vicenda di Inela, una dolce ragazza bosniaca, e Zlatan, un ragazzo serbo, partito da Belgrado e trovatosi, suo malgrado, prigioniero a Sarajevo. Forse non sono mai esistiti. O forse sì e sono coloro che rappresentano quella parte che non si è mai arresa e che, nonostante fosse in lotta, in qualche modo si è sempre amata e ha resistito.