«Così diversi / e unici, così litici e fragili; / come gocce d'acqua / abbiamo scavato la pietra, / eppure / in quel solco / dilavato / non scorre / che sangue / di cui siamo intrisi: / chi mai ci restituirà l'incanto / aurorale?» Versi di Paolo Menon che ora in SCENA APERTA, la sua terza silloge poetica dopo l'esordio - che ha registrato grande successo di critica, di premi e di pubblico - con DELLA VITE IL PIANTO e PIETRE D'INCIAMPO (Bellavite Editore), non ha più i pudori e le incertezze che per anni lo avevano portato a nascondere la propria vena poetica. Lui, apprezzato art director di grandi periodici italiani e scultore di fama, inizia per i tipi di Simonelli Editore a rivelarsi poeticamente A SCENA APERTA, appunto, con una silloge poetica che in tempi tanto distratti come i nostri è un prezioso regalo della riflessione e dell'intelligenza. Avverte Paolo Menon: «Desidero confidare al Lettore che questa silloge, contaminata dal gergo teatrale classico e moderno in qualche caso persino antico non vuole in alcun modo obbligarlo a immedesimarsi in uno spettatore attento o in una comparsa che non abbisogna di copione, ma di ricoprire semmai il ruolo dell'osservatore dinamico e reattivo, poiché se "il teatro è la parabola del mondo" come lo intendeva Giorgio Strehler , il mondo non può essere che la manifestazione sensibile dei tanti ruoli da interpretare, iniziando auspicabilmente dal più difficile: quello di calarsi nei propri panni. E provare a recitarli.»