Sottile, amaro, lucido, rigoroso il pensiero di Delacroix, così come si delinea in questi "Scritti sull'arte", appare sorprendentemente diverso dalla sua pittura, di cui sembra conservare soltanto la passionalità e il calore. Eppure queste pagine, che risalgono agli anni della maturità dell'artista e racchiudono la sintesi più alta delle sue intuizioni, non rappresentano un'involuzione o una antitesi del suo 'romanticismo', ma ne rivelano anzi l'origine segreta, le più intime - e tragiche - motivazioni. L'intelligenza psicologica degli indizi, la percezione ironica e millimetrica degli eventi, la sapienza artigianale raggiunta con istintiva empiria si uniscono in questi scritti ad una tensione metafisica insieme violenta e rassegnata. La bellezza come esplorazione del possibile e infrazione delle certezze; l'imitazione come equivoco e l'ideale come realtà; la natura 'matrigna'; l'alchimia del colore e della composizione; le illusioni della libertà e le utopie dell'uguaglianza sono alcuni dei molti temi che Delacroix affronta, tra saggio e aforisma, con efficace, provocatoria energia. Temi che richiamano per contrasto, come una immaginaria ombra, la solarità della sua ispirazione pittorica. Ma che si offrono anche, nella loro frammentaria compiutezza, come pagine autonome di riflessione filosofica e di consapevolezza artistica, tra le più intense e problematiche che la sua epoca abbia saputo dare.