Come vivere, agire, lottare, morire quando si può contare solo su se stessi? E la sfida cruciale per un nuovo Illuminismo, inteso non solo come difesa di fronte al dispotismo, ma come compagno di strada anche per coloro che ancora avvertono il bisogno d'amore a cui un tempo si dava il nome di Dio. Da "ateo protestante", l'autore di questo libro non mira a dimostrare che Dio non c'è ma a definire l'orizzonte di un'esistenza senza Dio. Una vita, quindi, che prescinda da qualsiasi forma di sottomissione al divino, rifiutando rassegnazione e reverenza, ritrovando il piacere della sperimentazione nella scienza e nell'arte, e riscoprendo infine il gusto della libertà, soprattutto quando essa appare eccessiva alle burocrazie di qualsiasi "chiesa". Un ateismo non dogmatico che può essere utilizzato persino da ogni credente stanco della furia dei vari fondamentalismi che hanno sostituito al dono della Grazia del Signore il paesaggio desolato della repressione e dell'intolleranza.
Iniziamo a dichiarare il punto di vista, ovvero sono un "cattolico imperfetto" moderatamente praticante. Del libro si apprezza soprattutto la sostanziale assenza di toni fideistici, come d'altronde dichiarato dall'autore nelle sue intenzioni, e il tentativo di spostare il confronto dalla "metafisica dei principi" alla incidenza esistenziale degli atteggiamenti. Tentativo quindi riuscito sul piano formale, sul piano sostanziale si resta con l'impressione che Giorello non sia al corrente degli sviluppi nel campo dell'antropologia che rivalutano potentemente la tradizione giudaico cristiana (leggi ad es. tutta l'opera e la scuole Rene Girard) e resti legato a un armamentario concettuale sostanzialmente positivistico inizio 900 (frequentissime le citazioni di Russell). Resta comunque il guanto di sfida lanciato ai credenti di inquadrare "teologicamente" una serie di atteggiamenti "atei" quali lo spirito critico, il rifiuto dell'obbedienza preconcetta all'autorita' oggettivamente utili e fondativi del mondo moderno.
Anonimo - 25/08/2011 14:46