Ancor prima che Anna Frank venisse celebrata come la più dolce e innocente delle vittime della furia nazista e molto prima che un arguto regista italiano scoprisse che si poteva scavalcare con un sorriso il filo spinato dei campi di concentramento, Ilse Aichinger ha narrato la storia fantastica e surreale di una bambina ebrea alle prese con sempre nuovi stratagemmi per vincere la desolazione della guerra e dello sterminio in atto. Per non riunciare alla speranza più grande di una pace e di una felicità vicine, Ellen, la protagonista, si affida alla guida di una preziosa stella - la stella di Davide appuntata sul suo cappotto blu - che diventa simbolo di buon augurio invece che marchio d'infamia. La ragazzina e i suoi piccoli amici acquistano sempre più consapevolezza della propria forza interiore pur attraverso le terribili esperienze che si trovano ad affrontare, dimostrando che il nemico è solo apparentemente forte e che si possiede davvero soltanto ciò che si perde. Il console, il vetturino, i rappresentanti dell'ordine e i malfattori, i soldati delle truppe di occupazione, tutti pretendono dai ragazzi giustificazioni, esigono garanzie che la loro fervida immaginazione non faccia saltare in aria l'arido sistema di certezze che si sono costruiti. Pubblicato nel 1948, La speranza più grande è un atto di denuncia di grande forza creativa contro la spietatezza della guerra e dell'odio razziale. Il romanzo vince la sfida che ne sta all'origine: riuscire a raccontare l'orrore dell'olocausto senza venir meno alla poesia che la vita custodisce in sé.