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Storie di vita e di malavita. Criminali, poveri e altri miserabili nelle carceri di Milano alla fine del Medioevo

Marina Gazzini
pubblicato da Firenze University Press

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Il volume affronta un tema non comune nella medievistica: la prigione e i suoi abitanti. Nel carcere medievale i prigionieri - incarcerati prima della sentenza, oppure rimasti "dentro" perché indebitati, socialmente pericolosi, riconosciuti colpevoli di un delitto - non erano abbandonati a loro stessi; delle loro esigenze si facevano carico le famiglie, la Chiesa, i laici devoti, gli stessi pubblici poteri. Nel caso di Milano il sistema carcerario e il rapporto tra carcerati, giustizia e misericordia assume sfumature peculiari. Le prigioni (anche private) sono numerose e disperse nella città: la più grande è un carcere-ospedale, che rinchiude certo, ma lascia intendere che è utile (per motivi economici) aiutare la sopravvivenza del reo e il suo ritorno in società. I milanesi del Quattrocento sono poi consci dei rischi di abbandonare i detenuti (uomini e donne) a una giustizia che, per i suoi costi, tutela solo i più forti. Ecco dunque i Protettori dei carcerati: utili non solo ai deboli rinchiusi in carcere, ma anche al dominus, che li sostiene. Interessato a porre rimedio agli eccessi del sistema, il duca è infatti anche (e forse soprattutto) desideroso di mostrarsi misericordioso, e in quanto tale superiore alla legge. Indagare la condizione dei carcerati si rivela dunque un modo per cogliere non solo le dinamiche di esclusione e di inclusione sociale pertinenti al controllo della devianza, ma anche i meccanismi di relazione tra governanti e governati nel tardo medioevo.

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