Vivienne de Watteville fece il suo primo viaggio in Africa a ventitré anni, insieme al padre, un naturalista svizzero, che procurava animali selvatici per il Museo di Scienze Naturali di Berna. Durante una battuta di caccia, nelle vicinanze del lago Edoardo, in Congo, il padre venne ferito a morte da un leone e la giovane Watteville non potè che assistere impotente alla sua agonia. Nonostante il tragico epilogo di questo primo viaggio africano, dopo pochi anni, decide di tornare in Kenya, in una sorta di viaggio-pellegrinaggio alla ricerca di un nuovo legame con queste terre che aveva lasciato in così tragiche circostanze. Questa volta non ci sono animali da uccidere o battute di caccia: porta con sé poche cose, un cagnolino, una tenda, una macchina fotografica, dei libri e molto tè. In questo viaggio, mostra una singolare capacità nel gestire la propria situazione e testimonia nel modo più eloquente la sua fede incrollabile nella capacità dell'uomo di vivere in pace con la natura. Così l'incanto dell'Africa si mescola alla visione della vita sviluppata dall'autrice. Prefazione di Edith Wharton
Un libro bellissimo, che mi ha consentito di partire per un luogo che anelo da tempo di vivere e attraversare fisicamente. I paesaggi descritti non sono soltanto quelli dell'Africa della Blixen, ma anche quelli intimi e introspettivi di una viaggiatrice "solitaria" e coraggiosa: l'aspetto umano descritto è sorprendente, un'indagine attenta dei caratteri e delle personalità (quella propria dell'Autrice, e quella dei suoi "boys"). Il rapporto con gli animali è magico. Ci si sente "sul posto". Questo resoconto di viaggio trova un posto d'Onore tra i Chatwin e i Bryson della mia biblioteca.
Massimo Bianchi - 12/03/2016 09:03