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Tito di Gormenghast

Mervyn Peake
pubblicato da Adelphi

Prezzo online:
7,99

Apriamo questo libro e ci troviamo in un mondo parallelo al nostro. È Gormenghast, un immane castello, che nessuno dei suoi abitatori ha percorso in tutti i suoi anfratti. Un tempo, doveva essere pieno di tinte squillanti: ora è un intreccio di crepe, e le tinte sfumano fra grigio, verde lichene, rosa antico e argento. Vi incontriamo esseri disparati: un nobile melanconico e saturnino, settantaseiesimo conte di Gormenghast, che è il reggitore del luogo; sua moglie, avvolta in una nube di gatti bianchi; la figlia, selvatica e sognante fra giocattoli vecchi, libri e pezze di stoffa; dignitari di cartapecora, dalle gambe di ragno, custodi di un ordine ormai inaridito; orripilanti figuri che sovraintendono alle cucine; giovani acrimoniosi, che covano la rivolta. Ma c'è qualcosa che unisce questi personaggi: il loro corpo e la loro psiche sono una concrezione del castello così come il castello è una concrezione del loro essere. Nessuna vita è per loro concepibile al di fuori di quei corridoi di pietra, di quei saloni, di quelle torri, di quei solai. La natura non esiste, se non come riflesso del castello, dove la polvere è polline: perché Gormenghast è tutto. La nascita di un erede maschio, Tito di Gormenghast, «rampollo della stirpe delle pietre, acqua del fiume senza fine», porterà una minaccia di cambiamento, per il solo fatto di essere qualcosa di nuovo. E qui ha inizio la trascinante saga narrata da Peake, un'impresa grandiosa della letteratura fantastica e insieme un vasto disegno allegorico che traspare dietro l'esuberanza delle immagini. "Tito di Gormenghast" fu pubblicato nel 1946, primo volume di una trilogia che sarebbe stata compiuta nel 1959. Il libro trovò, fin dall'inizio, lettori entusiasti, ma un po' come accadde a Tolkien per molti anni essi rimasero una piccola cerchia. La morte di Peake, nel 1968, coincise invece con l'inizio di una grande voga fra lettori di ogni specie. Accolta fra i «classici moderni» della Penguin, la trilogia di Peake è ormai un'opera amata in tutto il mondo. Come scrisse C.S. Lewis, «Peake ha creato una nuova categoria, il Gormenghastly, e già ci meravigliamo di come prima potessimo vivere senza di essa e ci chiediamo come mai nessuno aveva saputo definirla prima di lui».

La nostra recensione

In alcuni, pochi casi per la verità, le etichette e le categorie di genere risultano talmente restrittive da non riuscire a cogliere l’originalità di un’opera letteraria. È successo per esempio alla trilogia di “Gormenghast” di Mervyn Peake che, uscita tra 1946 e 1959, ha vissuto tra alterne fortune la sua “ingiusta” sorte di libro di genere fantasy. In Italia è arrivata tardissimo, soffocata da ben altre vette fantasy (superfluo citare Tolkien). Eppure la trilogia che ha inizio con questo romanzo, Tito di Gormenghast, è tutta da scoprire e la scoperta, ve lo assicuro, è affascinante. Rotte le catene di genere ci caliamo in un mondo immaginario, dove però non incontriamo esseri soprannaturali, né forze soprannaturali né fate né maghi né elfi né giganti, solo uomini. Speciali, però, eccezionali in alcuni casi, mostruosi anche, fisicamente e spiritualmente. Nessuno è propriamente bello e nemmeno gradevole; tutti i personaggi che si aggirano per il labirintico e fatiscente castello di Gormenghast hanno tratti acuti, pesanti, surreali tanto sono contorti, ma mai fantastici, sempre aggrappati alla loro concretezza fisica, a contorni di umanissime passioni e pulsioni. Tutto il romanzo è dominato dallo sconfinato e indecifrabile castello e dai dintorni ingarbugliati, circondati e penetrati da una natura estrema e aggressiva: qui vivono i nostri personaggi, qui si svolge una quotidiana esistenza regolata da antichi e rigidissimi rituali. Sepulcrio, Fucsia, Lisca, Sugna, Filostrazio, Agrimonio, Ferraguzzo, questi i nomi dei protagonisti, nomi che starebbero bene in un romanzo di Dickens o in un libro umoristico per bambini, che però di quella comicità e leggerezza conservano solo l’involucro. Al castello accadono però due eventi che ne sconvolgono le consuetudini stagnanti: la nascita dell’erede Tito e la contemporanea intrigante ascesa dell’astuto e ambizioso Ferraguzzo, da qui in poi il vero artefice degli avvenimenti futuri. Atmosfere fosche e impressioni sfolgoranti ci accompagneranno nel corso di una lettura che assume caratteristiche cangianti: ironica, intimista, descrittiva, crepuscolare, espressiva, epica, grottesca e allegorica, il tutto miscelato in un’esuberanza linguistica avvolgente e inebriante.
Antonio Strepparola

Dettagli down

Generi Romanzi e Letterature » Fantasy , Fantasy Horror e Gothic » Fantasy

Editore Adelphi

Formato Ebook con Adobe DRM

Pubblicato 17/07/2013

Lingua Italiano

EAN-13 9788845972782

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