La pubblicazione de "II piacere", nel 1889, suscitò un enorme scalpore ma consacrò al tempo stesso l'autore come creatore del romanzo moderno. Con "Giovanni Episcopo" e "L'innocente" sperimenta il racconto-confessione di una crisi esistenziale alla maniera russa; tenta ancora un processo di rinnovamento di contenuti e stili con "Trionfo della morte", romanzo sentimentale ritenuto il più autobiografico, mentre in "Le vergini delle rocce" è espressa l'ideologia politica del "vate". Nelle ultime due prove narrative, "Il fuoco" e "Forse che sì forse che no", D'Annunzio compie il volo di Icaro di immaginare e dare voce, attraverso i suoi personaggi, a un rinnovamento totale del teatro, liberato dalle convenzioni borghesi, e addirittura dell'uomo, che oltrepasserà i suoi limiti grazie alla tecnologia. Il D'Annunzio delle novelle si mostra fedele, fin dall'inizio, a quella letteratura regionale abruzzese intrisa del mito della "terra vergine" selvaggia e misteriosa. In "Terra vergine" e "Novelle della Pescara" il poeta rincorre un sogno inappagato di terre lontane e disegna un Abruzzo somigliante all'Africa, il suo mito. Il ripiegamento su se stesso, la nostalgia dell'infanzia e dell'adolescenza, la constatazione della vanità di tutto, l'approssimarsi della vecchiaia e della morte, sono i temi delle prose dannunziane. "Solus ad solam", "Notturno", "Le faville del maglio", "Il libro segreto" sono modelli indiscussi della grande prosa italiana del Novecento.