L'affidamento nelle posizioni espresse dall'Amministrazione finanziaria costituisce un tema centrale del diritto amministrativo dei tributi. Ormai quotidianamente si consuma un conflitto tra interesse fiscale e diritti soggettivi del contribuente, la cui risoluzione è oggetto di un prolungato e tuttora vivente sforzo ricostruttivo della legislazione tributaria, della dottrina e della giurisprudenza. Il legittimo affidamento, pur alla base della moderna concezione dello Stato, risente di questa tensione tra opposte forze ed esigenze ed è stato sovente ritenuto difficilmente applicabile all'Erario o comunque circoscritto alla dimensione sanzionatoria. Tale limitazione determina, tuttavia, un vulnus ad una visione garantista del rapporto tra autorità e cittadino nonostante quest'ultima appaia, almeno nelle intenzioni, largamente accettata. Il presente lavoro, da una parte, tenta di ricostruire dogmaticamente la categoria dell'affidamento tributario, dall'altra, mostra come una sua applicazione in senso restrittivo possa condurre a risultati giuridicamente inaccettabili in termini di tutela. La sua natura di principio costituzionale a geometria variabile, inoltre, lo rende in grado di adattarsi a situazioni anche radicalmente differenti, dando rilievo all'effettiva attitudine alla contribuzione del singolo e favorendo un'interpretazione dinamica dell'art. 53 della Costituzione. In una prospettiva di valorizzazione del rapporto fiduciario tra fisco e contribuente, assume fondamentale importanza poter percepire, anche grazie al contributo ermeneutico dell'Erario, di aver adempiuto correttamente ai propri doveri tributari, al riparo da qualsiasi ripensamento amministrativo.