Le stragi del '92 e la minaccia di organizzarne un'altra per uccidere Nino Di Matteo. La storia di Cosa nostra raccontata in prima persona. I pareri sugli altri boss, da Bernardo Provenzano a Matteo Messina Denaro. E poi i nomi dei politici di ieri e quelli di oggi - da Nicola Mancino a Silvio Berlusconi, da Giorgio Napolitano a Giulio Andreotti - e persino un parere su Papa Francesco. I dialoghi di Totò Riina con il boss pugliese Alberto Lorusso, registrati in carcere, forniscono uno spaccato completo del pensiero del boss: le intercettazioni integrali raccolte in questo volume descrivono un Capo dei Capi arrogante fino al punto di minacciare i magistrati che indagano sul suo conto, orgoglioso delle stragi e degli omicidi eclatanti organizzati fra gli anni Ottanta e Novanta, fiero nel volere un nipote che porti il suo nome. Ma l'immagine che ne viene fuori è anche quella di un Totò Riina molto attento alla politica e al mondo che lo circonda, di un uomo ebbro del potere che gli è derivato dal ruolo di capo della Cupola eppure sconfitto, fiaccato dal 41 bis, il carcere duro che sta scontando e al quale promette guerra "per mille anni". Perché il diavolo che minaccia e si confessa, in fondo, è una belva in gabbia. Una belva sconfitta, nonostante le minacce.