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Al Ma'mun: un grande iniziato pitagorico alla guida dell'Islam

Nicola Bizzi
pubblicato da Aurora Boreale

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Prodotto acquistabile con Carte Cultura, 18App e Carta Docente

Al Ma'mun, settimo Califfo della dinastia Abbaside, viene ricordato per essere stato il primo uomo, dopo millenni, ad entrare nella Grande Piramide di Giza, ma fu soprattutto un grandissimo filosofo, uno scienziato, un mecenate delle arti e della cultura e, segretamente, un iniziato di alto grado alla Tradizione eleusino-pitagorica. Il suo operare in favore della Conoscenza dette vita e impulso a un vero e proprio Rinascimento arabo, coincidente con quella che è passata alla storia come l'Epoca d'Oro Islamica, un'era di grande splendore che ebbe tragicamente termine nel 1258, con la conquista mongola di Baghdad, e che non solo ebbe veramente poco ebbe da invidiare all'Umanesimo e al Rinascimento partiti secoli dopo dalla Toscana di Cosimo il Vecchio e Lorenzo il Magnifico, ma si rivelò addirittura una delle leve scatenanti di questi ultimi. Durante questo periodo, il mondo arabo guidato dai Califfi abbasidi divenne un centro intellettuale di primaria importanza a livello mondiale per la Scienza, la Filosofia, la Medicina, l'Astrologia, l'Astronomia, la Matematica, l'Alchimia e la Letteratura. Un periodo in cui Ibn Rushd (Averroè) e Ibn Sina (Avicenna) furono i maggiori artefici del salvataggio delle opere di Aristotele e Platone, il cui pensiero finì per dominare la Filosofia non religiosa dei mondi cristiano e musulmano. Un periodo in cui gli eruditi arabi assorbirono anche idee provenienti dalla Cina, dalla Persia e dall'India, aggiungendovi la conoscenza enorme proveniente dai loro studi. Ibn Sina ed altri speculativi pensatori come Al Kindi e Al Farabi combinarono Aristotelismo e Neoplatonismo con il pensiero introdotto dall'Islam e con l'Ermetismo, dando vita a una stagione intellettuale unica e irripetibile. Come documenta Nicola Bizzi in questo suo nuovo saggio, Al Ma'mun, da grande iniziato pitagorico quale era, intendeva, con lo "sdoganamento" e la "legittimazione" degli ordini ermetici di Harran e con l'affidamento nelle loro mani delle redini culturali, accademiche e scientifiche del Califfato, intraprendere un percorso che avrebbe dovuto portare ad una progressiva sostituzione della dottrina Islamica con un connubio ideale fra Pitagorismo, Neoplatonismo ed Ermetismo e all'istaurazione di un Impero universale che fosse realmente erede tanto della antica civiltà persiana quanto della classicità greco-romana. Un progetto sicuramente ambizioso e incredibilmente rivoluzionario che avrebbe potuto cambiare il corso della Storia, ma che, come sappiamo, non ha avuto compimento per via di tutta una serie di fattori, dalla recrudescenza dottrinale delle successive dinastie islamiche susseguitesi al vertice del Califfato, fino alla drammatica invasione mongola, che spazzò via definitivamente ciò che restava di una simile utopia.

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