Nell'anno del bicentenario siamo stati tutti sommersi dalla chiacchiera sulla Rivoluzione. Si è parlato di revisionismo, di critica della vecchia interpretazione pro-giacobina dei fatti rivoluzionari. Ma generalmente non si è dato rilievo al fatto che gli storici, negli ultimi decenni, hanno passato sotto silenzio l'opera che rimane fino ad oggi il quadro più preciso e più affascinante, nonché la diagnosi più lungimirante della Rivoluzione: "Le origini della Francia contemporanea" di Hippolyte Taine. Oggi queste pagine rimangono insuperate, non solo per l'acutezza del giudizio, ma per la forma dell'esposizione, assimilabile a quelle narrazioni totali che l'Ottocento ha scoperto e ci ha offerto. Questo 'pathos' visionario ci accompagna nei ritratti e nelle analisi dei protagonisti della Rivoluzione e ugualmente nelle vicissitudini di oscuri personaggi che balzano fuori da innumerevoli carte di archivi. Quando Taine scriveva, si era già cristallizzata una versione canonica della Rivoluzione Francese, 'ad usum' del borghese devoto ai Lumi, che in vasta parte cammuffava fatti e concetti. Fu un sentimento di furia contro questa contraffazione ad attizzare in Taine la "passione per la verità". I risultati della sua indagine, e in particolare l'implacabile analisi dello spirito giacobino, apparvero subito urtanti.