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La profezia oscura. Le sfide di Apollo. 2.

Rick Riordan
pubblicato da Mondadori

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Percy Jackson e Rick Riordan tornano con il secondo libro di della serie di romanzi fantasy per ragazzi Le sfide di Apollo.

Il mostruoso Pitone si è rimpossessato dell'Oracolo di Delfi, e questa è solo la prima delle minacce che Apollo ha dovuto affrontare per ottenere il perdono di Zeus e tornare tra gli immortali. Tre malvagi imperatori vogliono ora conquistare tutti gli Oracoli dell'antichità, per interrompere ogni comunicazione tra i semidei e le fonti di profezie necessarie a compiere eroiche imprese. Se gli Oracoli cadranno sotto il dominio del Triumvirato, il dio più bello e vanitoso dell'Olimpo resterà per sempre imprigionato nel corpo di un insignificante sedicenne, Lester Papadopoulos! Con un piccolo effetto collaterale: l'umanità potrebbe essere distrutta. Il destino del mondo è nelle mani del dio del sole, della musica e della poesia, che potrà contare solo sull'aiuto della ninfa Calipso e del semidio Leo Valdez, nonché sul potere esasperante dei suoi strazianti haiku... Età di lettura: da 12 anni.


Leggi anche il nostro speciale su Percy Jackson e Rick Riordan

Dettagli down

Generi Fantasy Horror e Gothic » Fantasy per bambini e ragazzi , Bambini e Ragazzi » Narrativa » Fantasy e magia » 10-12 anni

Editore Mondadori

Collana I Grandi

Formato Rilegato

Pubblicato 27/06/2017

Pagine 396

Lingua Italiano

Isbn o codice id 9788804676331

Traduttore L. Baldinucci  -  L. Melosi

1 recensioni dei lettori  media voto 4  su  5
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La profezia oscura. Le sfide di Apollo. 2. alessandro356

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voto 4 su 5 Dopo la delusione del primo libro della saga ero titubante all'idea di leggerne il seguito e nelle prime pagine le mie paure sembravano confermate. Tuttavia proseguendo la lettura il libro è migliorato enormemente. Pur rimanendo ironico e in certe scene divertente, scopare quell'atmosfera ridicola che ha caratterizzato il libro precedente. Tranne la scena del fiammifero gigante, quella è senza dubbio ridicola, anche se in senso positivo. Compaiono vecchie conoscenze e molti personaggi nuovi. Attraverso uno di loro viene menzionata un'altra mitologia, stavolta africana. In un altro libro vengono nominati gli aztechi. Sarebbe troppo bello se Riordan scrivesse altre saghe su questi e altri pantheon divini, ma forse è sperare troppo. I poteri di Meg sono davvero notevoli, tuttavia teletrasportarsi tramite delle piante mi sembra un po' esagerato. Percy quindi può farlo mediante l'acqua? Talia e Jason attraverso l'aria o l'elettricità? All'inizio pensavo che gli altri esagerassero con Apollo. Dandogli la colpa per ogni cosa e alle volte umiliandolo. Al suo posto io sarei furioso, soprattutto per lo schiaffo. Io non provocherei così chi un giorno potrebbe tornare ad essere un dio. In seguito però le sue amicizie si fanno più profonde e non mancano scene commoventi. Ero sicuro che uno dei tre antagonisti sarebbe stato Commodo e mi provoca un certo fastidio vederlo paragonato a Nerone, un sovrano di gran lunga migliore che non si merita il modo in cui lo dipinge Riordan. Non posso fare a meno di sottolineare due inesattezze: 1) i blemmi erano un popolo umano, non creature mitologiche, seppur descritto in modo fantasioso da Erodoto; 2) i mercenari tedeschi dell'Assia furono tutt'altro che un problema per i rivoluzionari delle Tredici Colonie visto che i loro eccessi spinsero molti contadini, in gran parte ancora fedeli alla corona inglese, a unirsi ai ribelli. Questa saga presenta poi un problema di fondo, dovuto a una concezione degli dèi priva di senso. I tre imperatori sono diventati immortali grazie alla memoria che i mortali hanno di loro. Per cui tutti i personaggi famosi della storia possono divenire dèi o quasi? In Il martello di Thor si conferma questa visione, affermando che l'esistenza degli dèi deriva dalle storie dei mortali. Ma come può essere possibile visto che gli dèi sono più antichi degli uomini? È un ragionamento assurdo, tanto quanto affermare che il potere o l'immortalità degli dèi dipenda dalla fede umana. Il grande difetto di Riordan: una visione troppo antropocentrica.

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