David Hohl da quattro anni lavora per il governo svizzero in Ruanda: all'inizio degli anni Novanta un paese tranquillo, considerato la Svizzera dell'Africa, con un governo stabile - anche se corrotto - con il quale si possono avviare ragionevoli progetti di collaborazione. L'animalesca sessualità di Agathe, la sua amante ruandese, lo sconvolge e lo attrae, gli fa capire quale abisso separi la sua sensibilità svizzera (europea) da quella africana. E poi, all'improvviso, Hohl si ritrova nell'incubo della guerra civile fra Hutu e Tutsi. Quasi tutti gli stranieri lasciano il paese, lui si rintana nella sede della sua organizzazzione dove rimarrà nascosto per tutti i cento giorni del massacro, durante il quale furono uccise quasi un milione di persone, in gran parte Tutsi. Un'esperienza limite, profondamente traumatica dalla quale non si riprenderà più. Da quel momento, la stessa Agathe diviene definitivamente parte di un mondo alieno, minaccioso e difficilmente inquadrabile. Barfuss descrive con rara capacità di immedesimazione la disillusione di un europeo di fronte alla realtà africana. E l'amara satira sul fallimento degli interventi umanitari si ripercuote tutta nel naufragio esistenziale dell'ingenuo protagonista.