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Alessandro Perissinotto, la lettera ai lettori e le interviste

di Redazione Mondadori Store

"Vivo la mia candidatura con lo stesso stupore che provo quando qualcuno mi fa i complimenti per un mio romanzo". Con queste parole Alessandro Perissinotto ha accolto la presentazione alla LXVII edizione del Premio Strega del suo ultimo libro Le colpe dei padri: una storia bella e sincera, "un'indagine contro chi ha ucciso i nostri diritti", che vale assolutamente la pena di leggere.

Siamo fortunati, perché abbiamo potuto parlarne con l'autore. Inoltre l'editore Piemme ci ha permesso di pubblicare qui il testo della lettera che Perissinotto ha scritto e indirizzato a tutti noi lettori e la videointervista sul libro.
 

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Alessandro Perissinotto, Le colpe dei padri

Lettera ai lettori, di Alessandro Perissinotto

Cari lettori,Alessandro Perissinotto
da sedici anni, incontrando nelle librerie, nelle biblioteche o nelle scuole, le persone che hanno amato i miei libri, mi trovo a rispondere a una domanda ricorrente:
a che cosa servono i romanzi? 
Talvolta la questione, specie se a pormela è uno studente, nasconde un autentico desiderio di capire la funzione della letteratura, altre volte cela il desiderio di condividere quel sentimento apparentemente inutile che è l’amore per i libri. In ogni caso non è mai una domanda banale: è una domanda sul senso di ciò che faccio.
A cosa serve un romanzo?
Per come la vedo io, serve a dare spazio ai pensieri, a sfuggire alla fretta. La cronaca ci obbliga a racchiudere i fatti e le idee in due colonne, un post su internet ci costringe a confinarli in pochi caratteri, al contrario, un romanzo ci regala pagine e pagine in cui i pensieri diventano storie, diventano emozioni, diventano frammenti di vita.

"Le colpe dei padri" racconta la storia di un uomo, Guido Marchisio, la cui esistenza viene sconvolta dal sopraggiungere improvviso di un ricordo e dalla presenza di un misterioso sosia. A poco a poco, quel ricordo aprirà crepe sempre più profonde nelle sue sicurezze di manager senza scrupoli e il mondo che aveva sempre cercato di tenere lontano, il mondo di chi perde il lavoro, di chi non arriva a fine mese, di chi si suicida, farà irruzione nella sua vita: niente potrà più essere com’era stato.
Io spero che avrete voglia di addentrarvi con Guido nel labirinto del dubbio, di condividere con lui e con me le riflessioni sul presente e le immagini di un passato, quello degli anni ’70, con il quale non abbiamo ancora fatto i conti.
Per questo cammino insieme vi ringrazio di cuore.

 

La videointervista



Le nostre domande a Perissinotto su Le colpe dei padri

Quali sono le “colpe dei padri” cui si fa riferimento nel titolo?

Credo che ognuno di noi, almeno una volta, si sia chiesto: «Cosa sarei se mio padre fosse stato diverso?» E credo anche che ognuno di noi abbia rimproverato ai propri genitori, magari sbagliando, una colpa di cui sente di dover portare il peso. Per capire come queste questioni, in apparenza banali, diventino determinanti nella vita del protagonista, bisogna arrivare alla fine del romanzo, ma fin dall’inizio si percepisce che Guido, manager di successo e rampante “tagliatore di teste”, è sull’orlo di un baratro: esiste qualcuno, un sosia o un gemello dimenticato, che si insinua nel suo quotidiano e cerca di sostituirsi a lui. È una presenza minacciosa e sfuggente al tempo stesso: per metterla a fuoco, Guido dovrà scavare nel proprio passato, dovrà fare i conti con i “padri” e le loro colpe.

Come nasce l’ispirazione per Le colpe dei padri?

Ogni anno, iniziando le mie lezioni di scrittura all’università, dico ai miei studenti che l’ispirazione non discende dall’alto, ma risiede nello sguardo. Ispirazione è lasciarsi ferire da ciò che accade intorno, dalle sofferenze e dalle gioie altrui.
L’ispirazione per Le colpe dei padri si fa sentire nell’autunno del 2011. Comincia come una fastidiosa impressione di ritorno al passato: vedo la cassa integrazione sempre più diffusa, i licenziamenti, i suicidi per il lavoro, e mi sembra di essere tornato agli anni ’80. Vedo crescere il disagio, le tensioni sociali; qualcuno gambizza un dirigente, e il tuffo nel passato si fa ancora più doloroso. Mi dico che devo recuperare narrativamente quel passato, ricostruirlo, dare un senso all’oggi riflettendo su ciò che è avvenuto ieri.
Avevo nove anni ai tempi della crisi del petrolio, ne avevo dodici quando è avvenuta la tragedia di Seveso e ricordo il senso di impotenza che provavamo di fronte alle multinazionali che, con un semplice atto di negligenza, potevano cambiare per sempre il destino di migliaia di vite. Quello stesso senso di impotenza lo provo di fronte al caso Tyssen, o di fronte alle minacce di spostare la produzione verso altri Paesi se non si accettano tutte le condizioni imposte dalle aziende.

Il protagonista del romanzo è un manager cinico e arrogante, ma il narratore, colui che si incarica di raccontare la sua storia e che fa capolino nel romanzo è un giornalista-scrittore: le assomiglia?

Sì, il narratore sono proprio io. Sono mie le esperienze di fabbrica che racconto, è mio lo sguardo “dal basso” sulla realtà di ieri e di oggi, mentre lo sguardo “dall’alto” è di Guido. La mia presenza come narratore in un romanzo “industriale” è il risultato di un cammino letterario iniziato alla fine degli anni ’70, nell’officina dell’istituto tecnico industriale: avevamo un solo tornio per una ventina di studenti e facevamo la coda per usarlo; mentre aspettavo il mio turno, tiravo fuori un taccuino dalla tasca del camice e scrivevo i miei primi racconti. Dal tornio alla pagina, il percorso è stato molto lungo.
 
 

Chi è Alessandro Perissinotto Tutti i libri di Perissinotto

Torinese, classe 1964, Perissinotto approda alla letteratura scrivendo romanzi polizieschi. La sua attività di autore inizia nel 1997 con L’anno che uccisero Rosetta. Per tutta la sua carriera di scrittore ha sempre alternato la stesura di romanzi a scritti sulla semiotica e la letteratura. Attualmente insegna all'università di Torino. 

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